Con gli studenti a Siena. A Messina

Del suo modo di far lezione ha parlato, in un bel saggio, un suo studente dei primi anni senesi, Fabio Mugnaini, ora docente di antropologia in quella Facoltà. Ricorda, tra l'altro:

Quando Antonio Melis dette inizio alla sua lezione, nel novembre del 1979, nell'aula vetrata di via Fieravecchia, mi colpì la voce leggermente fioca, dalle tenui colorazioni venete di un italiano limpido, lineare, preciso, che, senza forzature, scivolava nello spagnolo – anzi, ripensandoci dopo, in un castigliano purgato dalle rutilanti sonorità madrileñe - segno forse delle sue frequentazioni latinoamericane non sbandierate – sebbene fossimo in piena esplosione di intillimania e di felpatini peruviani.[...]
L'Università era, allora, un'altra mano della lunga partita con cui giocavamo la nostra esistenza e il nostro futuro; si ridavano le carte, si riaprivano le opportunità. Nella frequentazione della Facoltà si incontravano mondi che nella mappa delle posizioni sociali, nella struttura esterna, non si sarebbero mai trovati contigui.
A questa platea differenziata Antonio Melis si rivolgeva insegnando, con il proprio modo di essere, che c'era un mondo da interrogare, con tanti strumenti possibili, tutti legittimi, tra i quali i suoi. Nel dialogo individuale con ciascuno di noi, invece, reagiva plasticamente, assumeva il tono più adatto a favorire la comunicazione da parte di chi aveva di fronte: se volevi poco, si contentava del poco che poteva darti, se volevi molto, sarebbe stato al gioco e molto avrebbe lasciato che si prendesse da lui! […]
Avevo imparato da Antonio Melis che potevo portare anche la mia differenza in questo mondo, che la mia provenienza dall'universo contadino non era, come avevo imparato a fare alla scuola superiore, un'eredità da neutralizzare, assumendo più in fretta possibile altri linguaggi e altre competenze riconosciute e legittime, ma un habitus da esplorare, un'opportunità di conoscenza da riconoscere come tale e un impegno da assumere.
Lo avrei fatto, e avrei imparato a farlo, da antropologo, dai miei maestri - gli antropologhi della scuola senese – ma la lezione di come si insegna a cercare, a far risuonare il dentro e il fuori, a mescolare la libertà della poesia con la fatica della filologia, per dare senso alla storia e prospettiva all'esistenza, era cominciata in quel novembre del '79, e non si è, del tutto, mai conclusa.
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Intanto, nell'autunno del 1980 Antonio risulta vincitore della cattedra di lingue e letterature ispanoamericane, con destinazione la Facoltà di Magistero dell'Università di Messina.
Nel febbraio 1981 prende servizio - nell'Istituto di lingue e letterature romanze - e vi rimane fino all'autunno 1983, quando tornerà alla facoltà senese (dove nel frattempo ha continuato a tenere il precedente insegnamento).
A Messina inizia con un corso sui peruviani Vallejo e Mariátegui, affiancati da un panorama della poesia ispanoamericana (dal modernismo alle avanguardie). L'anno successivo il corso verterà sul poeta cileno Vicente Huidobro. Come è noto, le vicende politiche del mondo latinoamericano e anche le sue espressioni culturali sono in questo periodo seguite dai giovani con una attenzione particolare.
Alla Facoltà di Messina, attraverso le sue consuete lezioni dall'esposizione chiara, controllata e appassionata insieme, Antonio stabilisce subito rapporti costruttivi e vivaci con giovani docenti e studenti, rapporti che manterrà poi per tutta la vita, prima a cadenze non frequenti, in occasione soprattutto di convegni siciliani su autori del continente latinoamericano (pensiamo allo splendido convegno organizzato nel 1985 a Catania su Alejo Carpentier), ravvivati poi, dalla primavera del 2000, dagli incontri generati dai Convegni di studi Internazionali Interdisciplinari, su Testo, Metodo, Elaborazione elettronica, e arrivati nella primavera del 2016 alla loro decima edizione.
Antonio non manca mai a quegli incontri, fino all'ultimo, quando tornerà su un tema a lui particolarmente caro, l'Arguedas di El Zorro de arriba y el zorro de abajo. 34

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33 Fabio Mugnaini, Señor.¿Qué?¡El público!¡Que pase!. Una lezione che dura da trentatré anni, in America Latina. Variazioni per Antonio Melis, cit., pp.195-202.

34 Cfr. la premessa di Domenico Antonio Cusato, Ad Antonio Melis. In memoriam, agli Atti del X Convegno Internazionale Interdisciplinare su Testo, metodo, elaborazione elettronica. Miti, credenze e religioni in area mediterranea e ispanoamericana, a cura di Gaetano Arena e Sabina Costanzo, S.Saba (Messina), Lippolis, 2016. p.5, e la Presentazione dei Curatori, in Ricordando Antonio Melis, cit., pp.9-10.



Antonio Melis studio Siena
Antonio nel suo studio all'Università di Siena (anni '80) (foto archivio Melis)